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mercoledì 26 ottobre 2011

Non chiamarmi capo!

Il mio primo capo era fantastico. Fan-ta-sti-co. Ai fini socio-demogratici del post, devo dire che era un single omosessuale. Anzi, è. Lui usava il termine tecnico “frocio”. Era una specie di star che arrivava alle 11 in ufficio lanciando la borsa da mille euro e beccando il cestino in pieno, che ti chiamava nel suo ufficio per una riunione urgente solo per dirti una cazzata colossale. Con lui mi sono fatta le più grandi risate della mia vita. Una volta, non vedendolo arrivare in ufficio, gli ho scritto un sms chiedendogli se fosse stato rapito dagli alieni. Le nostre riunioni avevano come agenda le date delle svendite della moda e come integrarle con il lavoro. Poi lui ci andava, e io lavoravo, appunto. A suo discapito, devo dire che aveva delle idee geniali e le vendeva davvero bene, sia al management, sia ai clienti. Quando mi ha detto che se ne andava ho avuto una reazione da verginella (ricordo che era il mio primo lavoro): ho pianto. Ma come? I capi se ne vanno? Non è possibile! E quando ho saputo chi avrebbe preso il suo posto, ho avuto una reazione isterica, per dire quanto stimassi questa nuova persona.

Il mio secondo capo era un amico del primo. Abbiamo lavorato a un progetto insieme nel lavoro precedente, gli sono piaciuta e, quando si è liberato un posto specifico, me l’ha proposto. Tengo a sottolinearlo per far tacere le malelingue che si sono diffuse nella nuova azienda secondo cui io fossi la fidanzata del capo precedente che si doveva liberare di me per evitare imbarazzi aziendali. Anche in questo caso il capo è un uomo, omosessuale, questa volta accoppiato, anche se inteso in senso largo. Mooolto largo. Lui è stata la persona che mi ha insegnato di più nella mia vita, il mio Mentore, il mio padrino professionale. Io lo venero e lo amo. È un genio dell’acidità, della strategia sotterranea e della cattiveria. Ma è anche un ottimo professionista e un ottimo maestro. In più, ha una vita privata, diciamo, attiva, e quindi sta in ufficio dalle 9 alle 18 secche. Forse dovrei dire stava, ora si è fatto trasferire in Sudamerica, forse lì lavora ancora meno. Devo aggiungere che è anche mediamente bello, tanto che ho delle ex-colleghe che mi chiedono come facessi a lavorare e a non fissarlo sempre. Semplice: omosessuale, devo dirlo ancora? Tendevo a vedere la nostra relazione come quella tra Patty e Marcie dei Peanuts. Io lo chiamavo "Capo" e lui rispondeva "Non chiamarmi Capo". Quando anche lui mi ha detto che se ne andava, memore della sceneggiata di qualche anno prima, sono rimasta impassibile (dovete sapere che sono bravissima nel gioco del non ridere guardandosi negli occhi, ho un controllo dei muscoli facciali impressionate). L’ho fatto per due motivi: primo, se avessi fatto uscire anche la minima emozione, avrei allagato la stanza, secondo, avevo gli occhi di tutti gli altri puntati addosso perché nel frattempo si era sparsa la voce che io e lui andavamo a letto assieme. Ma come cazzo è possibile mi chiedo? Forse non sono abbastanza intelligente per ricoprire il posto che ricoprivo? Ritornando a quel giorno, sento ancora che mentre fuori l’intonaco reggeva, io dentro crollavo come un muro a secco. Badabum! Mi stringo ancora la mano per come mi sono trattenuta. Ah, inutile dire che dopo l'annuncio ho fissato il computer senza produrre niente per l'intera giornata, ho fumato una sigaretta (io non fumo) e ho pianto per i due giorni consecutivi. Una reazione misurata, direi.

Il terzo capo è stata la persona che ha sostituito il numero due. Diciamo che lo aspettava un compito non facile, io già ero smarronata per via del fatto che volevo cambiare lavoro, in più rimpiazzava IL capo, quindi aveva poche chance. Che si è premurato di cancellare in meno di una settimana. Si è meritato subito il soprannome di Chip Monkie per la sua impressionante somiglianza ad Alvin Superstar (il cartone animato). Poi il secondo giorno si è presentato con una camicia con il collo liso. Stra-liso, direi. E il terzo giorno pure. Il quarto arriva con l’urendo accessorio: il borsello. Io non sono completamente contraria, ma il suo era di plastica e, di nuovo, liso. Consumato, rotto. Al quinto, commenta il mio abbigliamento. Il suo soprannome passa direttamente a Il Cretino, pronunciato come il direttore in Camera Cafè. Poi, in sequenza: licenzia un collega, cerca di cambiarmi di mansioni, assume una sua protetta. Da qui è tutto un rotolare verso valle a slavina. Giuro che ogni volta che parlava io, da sola nella mia testa, correvo. Correvo, uscivo dalla sala riunioni, dall’ufficio, e mi avviavo come Forrest Gump verso l’infinito. Avrei potuto partecipare alla maratona di NY con l’allenamento mentale che ho fatto. Vi racconto l’ultima perla: in viaggio con altri due colleghi, guida e parla per 150 chilometri con il passeggero alla sua destra. Sembrano migliori amici, io sono stupita dalla sua capacità di legare, era la prima volta che si incontravano. Arriviamo a casa del passeggero, lo facciamo scendere e io passo davanti. Non ho ancora finito di chiudere la portiera che il capo dice: “Frocio di merda”. Sì, lo ammetto, siamo stati conigli e non abbiamo reagito. Quando me ne sono andata, io, stavolta, a parte la soddisfazione di dirglielo così, di punto in bianco e brutto muso, l’ho completamente rimosso. Solo dopo circa sei mesi mi sono ricordata che le nostre vite si erano incontrate. Certe volte faccio fatica a ricordare il suo nome. Adoro la mia memoria selettiva.

Il quarto capo si è presentato subito per quello che era, cioè un cretino di proporzioni colossali. Mastodontiche, direi. Ma io volevo talmente andarmene dal lavoro sopra, e talmente entrare nella nuova fuperfigah azienda, che ho bellamente ignorato il segnale. Cosa ha fatto? Durante il primo colloquio mi ha chiesto di che segno ero. Ma vi sembra normale? Dietro il suo ottimo gusto nel vestire, i modi super gentili, super educati e l’aria da compagnone, che probabilmente lo rendono l’amico perfetto, è un deficiente professionale. Nel senso che deficita delle capacità manageriali di gestire delle risorse, di motivarle di insegnare loro qualcosa. Lui dovrebbe lavorare da solo, possibilmente in una scatola chiusa in mezzo al mare. Comunque, se lo incontrassi domani, ci andrei a mangiare insieme e anche con piacere, come ho detto sopra è un’ottima persona. A differenza di quello sopra, che non esiterei a investire in auto, facendo anche la retro per essere sicura di avere liberato il mondo dalla sua presenza.

E l’ultimo, beh l’ultimo è troppo presto per giudicarlo, lo conosco da qualche mese, ma visto che lui è basato in un altro paese ed è costantemente in viaggio di lavoro, potrei dire che lo conosco da due settimane. La prima impressione non è proprio positiva: fisicamente assomiglia a Shrek giovane e biondo. Ha le mani grassocce con le dita iper cotechinose, non saprei come definirle. Secondo me ha l’aria dello sfigato delle superiori (e anche il fisico direi), quello che non veniva scelto per le partitelle di calcio, quello che nessuno invitava a ballare, quello che girava in una compagnia di soli maschi nerd. Ora si trova ad avere un successo professionale inatteso (ma forse meritato), a gestire una mandria di donne, di cui io sono la perla (la petite italienne, petite ma vedrai quanto scasso ‘u’ cazzu) a comandare dei fornitori… e secondo me ha l’atteggiamento di quello che vorrebbe passare il suo tempo a fare il gesto dell’ombrello a quelli che lo hanno perculato per tutta l’adolescenza. Datti ‘na calmata amico, che visto in metropolitana sembri lo stesso sfigato di allora, solo in giacca e cravatta. Mi riservo però di darne un giudizio più approfondito tra qualche mese, diciamo dopo la mia valutazione annuale (da cui dipende il bonus).

10 commenti:

  1. Non avevo ancora letto il tuo blog. Oggi l'ho fatto. E' bellissimo. Mi piace troppo!

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  2. Non credi che sono stata ancora buona?

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  3. date le fantastiche descrizioni dei vecchi capi e l'anticipo del nuovo, non vedo l'ora di leggere il post dove ne parlerai con dettaglio! forse lui un pò meno, ma poco importa :D
    M.

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  4. La domanda che mi son fatta è la stessa della zitella!

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  5. Oddio ma come fate tu e la Zit a scrivere 'ste cose sapendo che chi vi conosce vi può leggere?! Sui capi, sugli ex...

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  6. Bellissimo post: mi ha fatto riflettere sul fatto che se tu dopo qualche mese fatichi a inquadrare il tuo nuovo capo, io dopo quasi 12 mesi che lavoro in quest'azienda non ho nemmeno capito chi è effettivamente il mio capo.

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  7. Il mio "capo" è questo qui: http://nonnecessariamente1.splinder.com/post/17676828/la-potenza-e-nulla-senza-il-controllo
    mica per dire eh ....
    @__@!!

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